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Palazzo Baciocchi

Il Palazzo Baciocchi e più propriamente Ranuzzi, costruito negli ultimi decenni del Cinquecento per incarico di Carlo Ruini, illustre professore di diritto civile e famoso avvocato, venne successivamente ampliato ed abbellito a cura, prima della famiglia Ranuzzi che ne fu proprietaria dal 1679 sino al 1822 e, poi, del principe Felice Baciocchi, che aveva sposato Elisa Bonaparte, sorella di Napoleone I e granduchessa di Toscana.

Il Comune acquistò il palazzo nel 1873 per destinarlo “a degna sede della magistratura giudiziale”.

I lavori di adattamento, curati direttamente dall’ufficio tecnico del Comune, furono eseguiti con così alta professionalità tecnica che rimasero salvaguardate le connotazioni originarie e le bellezze, architettoniche e pittoriche, del palazzo, per se qualche opera ed alcuni ambienti sono stati necessariamente sacrificati.

Il Palazzo, per la sua facciata ed il cortile interno- costruiti l’una e l’altro, secondo l’opinione più accreditata, su progetto di Andrea Palladio- per lo scenografico scalone realizzato da Giuseppe Antonio Torri con l’assistenza di Giovanni Battista piacentini sulla fine del Seicento e ravvivato dalle statue di Filippo Balugani, per la sala delle feste, dovuta a Ferdinando Bibiena ed abbellita dalle statue allegoriche di Giuseppe Maria Mazza, per la galleria Bigari, per la sala delle colonne e per quella da gioco si inserisce, come è stato affermato, fra i monumenti più insigni dell’architettura italiana.

La bellezza architettonica è resa ancora più affascinante dai grandiosi, raffinati e luminosi affreschi eseguiti da Marco Antonio Franceschini, dai fratelli Giuseppe ed Antonio Rolli, da Vittorio Bigari, da Antonio Basoli, da Felice Giani (che affrescò pure l’ala napoleonica d el palazzo del Quirinale), da Giovanni Battista Sangiorgi e da Pelagio Palagi.

Barocco e neoclassicismo si fondono nel palazzo in un complesso armonico con arricchimento reciproco.

Purtroppo l’azione deteriorante del tempo e l’incuria degli uomini resero il palazzo fatiscente nel senso vero del termine: il disordine, la polvere, la sporcizia vi dominavano incontrastati; le sale e le gallerie erano diventate depositi di mobili fuori uso: e le stesse sale di udienza, per il degrado dello stato dell’ambiente, dei banchi e delle poltrone riservate ai giudici, davano un’immagine di squallore e di disarmo. Le pellicole pittoriche tendevano a discostarsi dagli intonaci, le statue minacciavano di sbriciolarsi, gli ornati, di cui è ricco il palazzo, accusavano un logorio sempre più grave.

I lavori di restauro, che si sono protratti per oltre tre anni, hanno interessato il cortile, lo scalone, le sale, gli affreschi, le statue e gli ornati (la facciata esterna era stata recuperata alcuni anni prima).

Essi sono stati inaugurati solennemente, il giorno 4 ottobre 1993, dal presidente della Repubblica on.le Oscar Luigi Scalfaro, presenti anche il cardinale Giacomo Biffi, arcivescovo di Bologna, il Ministro della Giustizia professor Giovanni Conso e per i Beni Culturali dottor Alberto Ronchey nonché il v. presidente del Consiglio Superiore della Magistratura professor Giovanni Galloni e principali autorità locali.

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